Giustizia sportiva, il superprocuratore Coni si dimette. “Troppe lobby”.
Dal Corriere della Sera un articolo di Marco D’Arrigo che fa cadere le braccia a chi spera che ci possa essere giustizia sportiva. di seguito i commenti del Presidente Giovanni Malagò all’Ansa e Tuttomercato.web
Giustizia sportiva, si dimette il superprocuratore Coni: «Non si può lottare con la lobby delle federazioni»
Enrico Cataldi, ex generale dei Carabinieri, rimette il mandato: «All’interno del Coni c’è una lobby potente contraria al progetto Malagò». L’ultima goccia? Danzopoli
Ha gettato la spugna ieri mattina alle 8 appena arrivato, puntuale come ogni giorno, nel suo ufficio a Palazzo H del Coni, a Roma. Il generale Enrico Cataldi, chiamato tre anni fa da Giovanni Malagò a guidare una riforma storica della giustizia sportiva italiana, ha rassegnato le sue dimissioni da procuratore generale proprio nelle mani del presidente del Coni, che aveva scelto questo alto graduato dell’Arma, in pensione dopo una carriera dedicata alla lotta al terrorismo, per un compito difficile: evitare che la giustizia sportiva restasse affidata a «giudici» scelti, nominati e spesso «orientati» dagli stessi presidenti federali.
«Dimissioni irrevocabili» spiega Cataldi, che ha istruito decine di processi davanti al Collegio di Garanzia (con altissima percentuale di condanne) avocandoli a procure federali pigre o inerti che tenevano gli atti chiusi in un cassetto. E affrontando temi forti e scomodi come il match fixing, le molestie sessuali, le compravendite di voti, la vicenda «Paga per correre» nel ciclismo.
Cataldi agiva invitando con le buone le procure federali a istituire procedimenti (spesso già trattati sul piano penale) o avocandoli a chi non sentiva ragioni e diventando di fatto «pubblico ministero» nei processi. Il progetto, in sintesi, di trovare un giudice naturale, terzo e imparziale in un sistema in cui, ancora oggi, un presidente federale messo sotto accusa risponde a procuratore e giudici da lui designati.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la sentenza con cui due giorni fa, il tribunale di appello della federazione danza sportiva, ha concesso una grazia/indulto all’ex presidente Ferruccio Galvagno, radiato per la vicenda di «Danzopoli» e di nuovo sotto accusa (sportiva) per aver favorito, secondo la procura generale, l’elezione di un suo uomo proprio per ottenere la cancellazione della sanzione e tornare al vertice. A Galvagno è stata concessa la riduzione dalla pena dalla radiazione a cinque anni ammettendo automaticamente l’indulto.
«Una decisione – spiega Cataldi – frutto di un patto scellerato che vanifica il progetto di riforma della giustizia. Ma non me ne vado per questo: all’interno del Coni c’è una lobby potente, contraria al progetto di Malagò, che è arrivata ad ottenere un pronunciamento dell’avvocatura dello stato che giudica il mio ruolo incompatibile con la legge Madia (quella che vieta a chi ha una pensione statale di avere un ruolo dirigenziale retri buito, ndr) pur non essendo io un dirigente e pur godendo della carica da prima dell’applicazione della legge. Malagò mi ha scongiurato di restare, perché sono in ballo procedimenti importanti anche nel calcio, col campionato alle porte. Ma non ci sono le condizioni. Sapevamo, io, il presidente e i miei sostituti, che la riforma avrebbe incontrato resistenze procurandoci molti nemici. Ma qui c’è un muro che si oppone a ogni cambiamento: la giustizia è e deve restare cosa delle federazioni e nessuno super partes deve poter metterci il naso. Ho passato la vita a lottare cercando di fare giustizia e seguendo casi difficilissimi, ora mi rendo conto nello sport l’impresa è superiore alle mie forze».
Ansa 19 luglio 2018
“Pur non conoscendolo sono stato convinto sostenitore della candidatura di Enrico Cataldi a procuratore generale dello sport, nuovo ruolo centrale della giustizia sportiva in particolare dopo la riforma. C’è però una legge dello stato sulla quale è arrivata una nota che io personalmente non commento”. Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, commenta le dimissioni dell’ex generale dei Carabinieri da procuratore generale. Il riferimento è alla legge Madia che vieta a chi ha una pensione statale di avere un ruolo dirigenziale retribuito. “Enrico è una persona che ha sempre goduto e godrà in assoluto della mia considerazione e fiducia – sottolinea il capo dello sport italiano -. Vorrei ricordare però che prima di Cataldi per questa stessa legge due persone a me molto vicine si sono dovute dimettere: il primo è Franco Chimenti da presidente della Coni Servizi, il secondo Roberto Fabbricini il cui mandato da segretario generale non era più rinnovabile”.
Tuttomercato web 19 luglio 2018